MERCY SHIPS
La situazione sembra non essere quella ideale per ridurre le
infezioni: acqua corrente ed elettricità vanno e vengono, gli
ospedali hanno poche scorte. La strumentazione o non c’è
o non si può usare, spesso perché rotta, altre volte perché
nessuno sa come usarla, o perché le istruzioni sono scritte
in cinese. “Non hanno un knowhow come quello dei nostri
professionisti della salute: per esempio mancano le ispezioni
e le leggi che regolano gli standard dei servizi igienico-sani-
tari” dice Jenny.
Il team deve organizzare i corsi in queste condizioni. Ci si
prepara a spiegare, a mostrare le presentazioni in Power
Point, a fare dimostrazioni pratiche, lasciando le dispense
prima di andarsene. Il team ha anche migliorato il proprio
francese, lingua ufficiale di Conakry. Le donne sono perples-
sie su quale sia l’abbigliamento adatto sia per il clima caldo
sub-sahariano sia per le modeste condizioni della Guinea,
dove vivono all’80% musulmani.
IN GUINEA
Mark Wright fa parte del team, in quanto responsabile ame-
ricano dei partner civili della Mercy Ship, esperto di logistica
e di rapporti coi locali, siano essi medici o ragazzi delle con-
segne. Due autisti della Guinea hanno un ruolo critico: sono i
traduttori per Ayena Koami Novignon, una collaboratrice “in-
digena” della Mercy Ship (l’Africa Mercy ha 204 postazioni
attive in Guinea) che è anche l’interprete culturale ufficiale.
Jenny Braswell tiene unito il gruppo ad ogni presentazione,
pasto, escursione, mettendo in pratica l’obiettivo tradizionale
del Rotary di una duratura amicizia internazionale. Inoltre
sembra che abbia un lecca-lecca da dare a ogni bambino
della Guinea, non prima di aver chiesto il permesso a ogni
mamma della nazione.
Ogni giorno il team sale su due Land Rover e si prende cura
in modo ravvicinato della salute di una città di due milioni
di abitanti, dove la maggior parte degli uomini veste come
gli americani, ma molte donne passeggiano in bellissimi e
coloratissimi abiti lunghi africani, molti dei quali abbinati
a lunghi veli. Alcune si portano i bambini sulla schiena bi-
lanciando alti cesti di frutta o altri cibi sulla testa, nessuna
meraviglia se chiedono soldi per farsi fare una foto.
Alcune comunità vivono ai margini della città, ma i poveri
vivono fianco a fianco, in complessi di un unico piano con
Nonostante la loro fama di feroci soldati, i Guhrkas qui sor-
ridono: un’espressione che si ritrova spesso, in questa nave
oceania carica di persone buone.
Ovunque l’Africa Mercy attracchi, essa diventa la più grande
ONG del paese, e vi rimane ormeggiata per 10 mesi.
OSPEDALE
La struttura di 13.000 metri quadrati
dispone di sei sale operatorie e occupa
gran parte del ponte 3; è in corso una
ristrutturazione per ampliare il reparto
con 78 nuovi posti letto.
Come nella maggior parte dell’Africa
i parenti dei pazienti dormono sotto i
letti dei propri cari.
La Mercy Ships incoraggia a bordo
uno stile di vita africano tradizionale
orientato alla comunità, che è
evidente durante i discorsi dei medici,
quando i parenti dei pazienti e gli
operatori sanitari spesso ascoltano e
commentano gli uni i casi degli altri.
Gli infermieri dicono che la cosa
peggiore per i pazienti africani è quella
di sviluppare un’infezione, perchè
verrebbero messi in isolamento.
L’Africa Mercy era in origine un
traghetto ferroviario danese, el’enorme
ponte 3 è quello dove venivano caricati
i vagoni dei treni.
PONTE
3
SALA MACCHINE
SALA MACCHINE
ZONA UFFICI
CABINE