INTERVISTA A GIANCARLO SPEZIE
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risulta fallimentare perché viene visto solo come un raddop-
pio della quota, non come un coinvolgimento. Noi dobbiamo
guardare soprattutto alla qualità: quando fui chiamato a dare
un’indicazione sullo sviluppo dell’effettivo del nostro Distretto,
io dissi inizialmente 0, poi 0,8… perché devo guardare a chi
effettivamente fa Rotary nei nostri club.
E quanti sono i soci che realmente partecipano?
Se si tiene presente l’aumento dell’effettivo nel campo qua-
litativo, sul 30-35%: portiamolo al 50-60% e saremo più
attraenti e accattivanti sulla comunità di appartenenza, senza
bisogno di fare operazioni di reclutamento.
In pratica, coinvolgiamo quelli che già ci sono… ma in
molti Club prende il sopravvento la discordia interna, la
discussione sterile, i soci si lamentano. Soluzioni?
Io ho puntato moltissimo sulla componente giovane, ma trovo
ancora molta difficoltà a far capire alla compagine sociale che
Rotaract e Interact sono di servizio con i rotariani. L’esecu-
zione di alcuni programmi tocca al rotaractiano, affinché la
progettazione sia corale. Ma il Rotaract non accetterà mai di
essere esecutore di un’idea del ‘grande’, perché si vuole sen-
tire responsabile del risultato di una certa azione: ci vuole un
coinvolgimento nel rispetto dei ruoli e dell’età. Se Rotaract e
Interact s’integrano bene nel tessuto comunitario, potremmo
dare un’immagine di un’associazione seria, completa e dall’e-
sterno chiederanno di entrare.
Ma i soci “anziani” sono compatti nel loro ruolo antico,
spesso non accettano donne e giovani, restando chiusi
nelle loro tradizionali regole.
Infatti. Ma il Rotary è una filosofia di vita, è il comportamento
del singolo che rende rotariano o meno, ma ognuno lo vede dal
proprio punto di vista e se io facessi un test mi troverei 4000
interpretazioni diverse di come fare Rotary perché ognuno
vede il suo comportamento come giusto. Questo è il problema
che oggi viviamo e dunque occorrono delle regole, generali
certo, non rigorose ma chiare su specifici aspetti, e soprattutto
dobbiamo darci comportamenti seri nei club e nel distretto.
Ma qui scatta un altro problema: perché la diversità della
personalità fa anche la differenza. C’è un numero significativo
di professionisti del Rotary ovvero persone che con modi e
atteggiamenti considerano il Rotary non come volontariato, ma
quasi come se fosse un lavoro, una professione che impone un
modo di essere che spesso attecchisce su coloro che potenzial-
mente aspirano a diventare come loro…
C’è una fortissima aspirazione al protagonismo.
È il male della comunità di oggi, e il Rotary ne risente perché
è parte di questa società: le manifestazioni vengono portate
avanti perché ci deve essere il nome di chi le fa, così come
per i progetti che si spengono nell’anno, invece di proseguire.
È vero però che si raccomanda la visibilità dell’azione
rotariana…
Certo, non possiamo fare il Rotary in cui si esce poco e si è
poco presenti nella comunità: se c’è poca opinione, nessuno
ci sta a sentire. Ma non possiamo nemmeno mascherare la
visibilità con il protagonismo. Si deve uscire dalle stanze della
convivialità e fare opinione: parlare con le istituzioni cercando
sinergie e condivisione per esternalizzare l’immagine del ser-
vice: solo così veniamo seguiti e presi in considerazione. Se
rimaniamo tra di noi e i progetti ce li raccontiamo nei forum,
a cosa serve?
Cosa c’è dopo la Polioplus?
Difficile ripetere un programma così riuscito, ma ora si stanno
provando esperimenti che possono avere risonanza di questa
portata. Per esempio l’Aquaplus, tema dell’Expo 2015, dove
ci sono già due distretti italiani coinvolti. Non è un progetto
di acqua: hanno scoperto una pianta, la manioca oleifera, che
se coltivata può dare cibo e alimento a intere comunità. Sotto-
porrò il progetto al Congresso. Inviterò qualcuno a parlarne…
Finito il tuo mandato ritornerai a viaggiare?
È il mio desiderio e mi attira, anche se l’età avanza… Il primo
luglio 2015 rientrerò nella routine rotariana del Club e del Di-
stretto, ma un pensierino per andare di nuovo laggiù lo faccio.
Insomma, io non mi arrendo!
E noi gli crediamo.
A
lessandra
G
iordano